Incontri Giovani
Il peso di queste parole è stato troppo grande, per me: ti ho lasciato solo, mi sono allontanato e ho dormito, insieme ai tuoi apostoli.
Ti ho lasciato solo!
Ero lì, e sentivo la folla rumoreggiare, fuori; erano come impazziti, tanto da scegliere, urlando, la liberazione di Barabba e la tua condanna.
Ti ho lasciato solo!
Ti ho lasciato solo!
Ti ho lasciato solo!
Il giovane vestito di bianco
La pagina del vangelo di Marco (16, 1-20) inerente l’episodio delle tre donne che si recano alla tomba di Gesù ha fatto da guida all’ultimo incontro dei giovani programmato per l’anno 2013/14 dalla Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime.
In particolare ci si è soffermati sulla figura del giovane vestito di bianco che Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, quando di buon mattino si muovono per imbalsamare il corpo di Gesù, incontrano nel sepolcro.
Nell’andare si erano preoccupate di chi li avesse potute aiutare a rotolare il masso dell’ingresso della tomba; analoga situazione vive l’uomo d’oggi che da solo fatica a ribaltare la "pietra" che porta nel proprio cuore: pietra di peccato, di amarezza, di delusione. È Dio allora che interviene, là dove non sembra esserci certezza, il Signore viene incontro e dà speranza alla vita.
L’angelo-giovane vestito di bianco annuncia alle donne il messaggio centrale della nostra fede: Gesù è risorto! e sollecita, incita, spinge a non avere paura.
"Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo". Non temere di proclamare il Vangelo, di andare controcorrente, di dire sì a quel Gesù che riempie il tuo cuore di gioia vera, fidati di Lui fino in fondo perché è il solo che non delude mai.
Durante la giornata, a cornice della pagina evangelica, si sono susseguite diverse testimonianze.
Quella di mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico emerito di Aleppo in Siria, che a fronte della sua decennale esperienza nei territori ora oggetto di una sanguinosa guerra, ha spiegato le ragioni geo-economico-politiche del conflitto; uno scontro senza fine che da quattro anni sta interessando le popolazioni di una delle regioni, qualche tempo addietro, più fiorenti del Medio Oriente portando morte, distruzione e violenza a motivo di una subdola politica di interesse "neocolonialistico" che tutto piega alle logiche commerciali di quell’Occidente che intende "imporre" le proprie categorie mentali a discapito delle esigenze e dei bisogni degli autoctoni.
Un ulteriore intervento è stato proposto nell’incontro testimonianza dalla prof.ssa Maria Luisa De Luca per conto dell’Associazione Lutto e Crescita Grief & Growth, un’associazione di psicologi e psicoterapeuti con una formazione specifica nell’ambito dell’elaborazione del lutto e del trauma. «L’esperienza del lutto – ha dichiarato Maria Luisa De Luca – ma anche della perdita e degli eventi traumatici segna la vita di ciascuno e spesso ci accorgiamo di non essere preparati ad affrontare il dopo l’evento con tutto il suo carico di dolore. L’associazione offre un sostegno a coloro che vogliono prendersi cura del processo trasformativo che parte dall’accogliere il dolore e prosegue con la sua trasformazione in un motore di crescita e cambiamento».
Infine si è svolta la presentazione del libro di Federica Lisi per i tipi Mondadori Noi non ci lasceremo mai. Federica è la moglie di Vigor Bovolenta una grande sportivo pallavolista, campione della nazionale italiana la cui maglia ha indossato per ben 203 volte. Vigor è morto il 24 marzo del 2012 durante una partita a 36 anni. Il suo cuore ha ceduto lasciando Federica con cinque figli. Il libro racchiude quindici anni di esperienza matrimoniale insieme; nel suo intervento, accorato e denso di emozione, Federica ha ricordato quanto trascorso a fianco del campione di pallavolo dichiarando come Vigor «se n’è andato restando dentro la mia vita. Restando la mia vita».
Il giovane che ritorna alla vita
Il Cristianesimo è una persona, una presenza: Gesù, che dà senso e pienezza alla vita dell’uomo raccontava San Giovanni Paolo II ai giovani della Svizzera; è quello stesso Gesù che ogni giorno e da duemila anni ad ogni giovane, ad ogni uomo con insistenza dice: “Alzati!”, rivestiti di me ritorna alla vera vita, solo Io posso darti la gioia piena.
Queste stesse parole sono state riprese nell’incontro dei giovani tenutosi alla Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime il 27 aprile, domenica in albis Festa della Divina Misericordia, prendendo spunto dall’episodio del giovane di Nain. Una vicenda, raccontata dall’evangelista Luca (11-17), nella quale il Signore manifesta tutta la sua potenza riportando alla vita un giovinetto morto, tanto da far esclamare alla folla che accorre: un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo.
L’episodio in questione accade in un villaggio chiamato Nain non molto distante dal monte Tabor. Gesù insieme ai discepoli e alla grande folla che lo seguiva, sicuramente ripagata dai suoi insegnamenti e dalle sue parole, incrocia un corteo funebre. Vita e morte, rappresentate dal Figlio di Dio e dal peccato, si accostano nell’esistenza quotidiana di ogni persona. Le due possibilità fanno parte del percorso dell’uomo, chiamato a scegliere tra una realtà di gloria e una realtà di dolore, a preferire la gioia alla tristezza, la speranza all’angoscia, la vera Vita alla dannazione eterna.
A fianco al morto, figlio unico camminava sua madre vedova e Gesù sente compassione per questa donna già provata dalla perdita del marito e senza il figlio costretta, secondo le usanze del tempo, a rimanere senza dignità, senza ruolo sociale. È la certezza che il Signore non abbandona i suoi figli anche quando sono intrisi di peccato o sull’orlo della perdita della propria esistenza, patisce con noi e ci esorta a ritornare a Lui.
Non piangere dice alla donna; non disperare, continua a dire all’uomo di oggi, non perdere la speranza in un futuro proteso all’eternità, non lasciarti accaparrare dalle seduzioni del male che inibiscono il tuo senso cristiano della vita per condurti già da adesso, nell’esistenza terrena, nel baratro del nulla.
Nonostante il peccato o la insoddisfazione frutto del vizio ci faccia sentire lontani da Dio, il Signore si accosta alle nostre miserie senza paura di contaminarsi e ci esorta a lasciarci riconciliare; ci tende la sua mano potente che può rialzarci da qualsivoglia situazione di peccato. Ci dice: “Alzati!”, Io sono con te, non ti lascio solo. Ragazzo, uomo, donna, giovane, anziano malgrado la tua vita sregolata, non rimandare l’incontro con Dio, solo Lui può fare di te un essere felice.
È il Dio della pazienza il Signore, che non si scoraggia difronte i nostri costanti dietrofront e che attraverso la sua Parola, i suoi testimoni, attraverso soprattutto il sacramento della Conversione che realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione, cammino di ritorno al Padre da cui ci si è allontanati con il peccato (Catechismo 1423), ribadisce: dico a te, alzati!
Nella parte pomeridiana dell’incontro dei giovani è stato ospite Claudio Gubitosi ideatore e direttore artistico del Giffoni Film Festival, evento cinematografico giunto quest’anno alla quarantaquattresima edizione. Gubitosi, nel suo intervento, ha raccontato la nascita dell’appuntamento, le caratteristiche che lo contraddistinguono rendendolo unico nella sua specificità. Nato per promuovere e far conoscere il cinema per ragazzi è diventato nel tempo un’attrazione culturale apprezzata in tutto il mondo dove i ragazzi, i bambini e gli adolescenti restano i protagonisti indiscussi; un fermento educativo che porta nella cittadina in provincia di Salerno migliaia e migliaia di visitatori e che fa dell’evento uno dei momenti più interessanti nel panorama cinematografico mondiale.
Il giovane del lenzuolo
La tematica "Il giovane del lenzuolo" ha caratterizzato domenica 23 marzo, terza domenica di quaresima, l’appuntamento mensile dei giovani svoltosi alla Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime. Il passo del Vangelo di Marco (14, 51-52), unico degli evangelisti a citare l’episodio in questione, si riferisce al momento in cui Gesù nell’orto degli ulivi, tradito da Giuda, viene raggiunto dalla folla accorsa per arrestarlo e condurlo al giudizio. In questo preciso contesto, quando tutti gli amici abbandonano Gesù fuggendo, un giovanetto lo seguiva rivestito soltanto da un lenzuolo e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.
Poche parole sono dedicate da parte dell’Evangelista a questa figura che all’apparenza potrebbe apparire marginale. Il giovanetto segue Gesù. L’atto del seguire presuppone un atteggiamento concreto e reale del cuore; fa diventare la persona protesa verso qualcuno, quella personalità che coglie il nostro interesse, la nostra curiosità. Gesù per questo giovane non è un estraneo, perché lui lo segua riconosce nel Figlio dell’Uomo l’Autorità; è dunque un suo conoscente, uno di cui avrà già sentito parlare o che avrà già sentito parlare e udendo i suoi discorsi ne sarà rimasto affascinato.
La sua sicuramente è una scelta controcorrente: quando tutti scappano, lui continua a seguire Gesù. L’evangelista ci parla però non soltanto della decisione di seguire il Signore, ma anche della condizione in cui questo giovane si trova: rivestito soltanto da un lenzuolo. Il lenzuolo che copre il corpo del giovane rappresenta la fede del ragazzo, una fede ancora in fieri, debole che di fronte alla prima difficoltà della vita cede il passo alla paura. Separandosi da ciò che può renderlo felice, abbandona perfino la speranza per fare spazio allo scoraggiamento.
Anche per lui si fa "notte", come per Gesù il giovedì santo si conclude con l’arresto e l’inizio della Passione, per il giovane seguace è la notte della vita. Fuggire da Cristo è l’inizio delle pene per l’uomo, è il principio di una crudele sofferenza dell’anima; è abbandonare il desiderio e la certezza che solo Dio può renderti felice, ricompensandoti, per l’eternità.
Lascia il lenzuolo allora, tutto quello che al momento possiede; si separa dalla sua flebile fede al primo attacco del Male e incurante abbandona l’allegria della sua gioventù, l’audacia della sua età che gli aveva consentito di seguire il Signore fino quasi alla fine. È mancata proprio a un passo dalla meta l’arditezza che viene da una fede solida, che solo si ha parlando a Cristo cuore a cuore.
Ma se l’uomo abbandona il Signore va alla ricerca. Non curante dei nostri errori apre sempre l’incommensurabile sua misericordia per farci riconciliare e ritornare fra le braccia del Padre; ci avvicina, si addossa le nostre miserie e ci ricorda che ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione (Lc 15,7).
Nel pomeriggio l’incontro dei giovani è stato animato dalla testimonianza di Don Alfonso Guijarro Garcìa sacerdote dell’Opus Dei. Don Alfonso, di origine spagnola, ha parlato dello spirito dell’Opus Dei ricordando come il cristiano debba santificarsi nel quotidiano servendo Dio e tutti gli uomini. Nella famiglia, nel matrimonio, nel lavoro, nell’occupazione di ogni momento, in tutte le occasioni della vita in pratica il seguace di Cristo imita il suo Salvatore cercando di praticare la carità, la pazienza, l’umiltà, la laboriosità, la giustizia, la gioia e in generale tutte le virtù umane e cristiane.
La ragazza marionetta
Essere giovani oggi e somigliare a Salomè, giovane di duemila anni fa. Un paragone che all’apparenza sembra azzardato vista la distanza cronologica. Eppure possono emergere tante analogie tra le condizioni di vita della principessa giudaica figlia di Erodiade, plagiata da questa madre pervasa da un’esistenza dettata dall’odio e dalla menzogna e i giovani d’oggi a volte trasportati dalle onde aleatorie della moda, del momento, sballottati e trascinati in questo nostro tempo dove si sente ma non si ode, si guarda ma non si riesce a vedere e cogliere l’Essenziale.
Ogni persona nella propria singolarità è un unicum di Dio, è ai suoi occhi un evento straordinario; Lui ci ha plasmati pensando ad ogni creatura originale e irripetibile. E questa originalità, che cammina a stretto connubio con le personali capacità di discernere, si manifesta nella possibilità che ciascuno ha di determinare se stesso, quella che è la nostra vita, preferendo tra ciò che ci indirizza sui percorsi che convergono verso Cristo e quanto invece è permeato dal dubbio, dall’indifferenza, dalla diffidenza. Essere con Dio è sapere invece scorgere con gli occhi limpidi della fede, dunque del cuore, è vedere oltre quanto recinge i nostri limitati orizzonti, è sapere andare controcorrente.
«Seguire Cristo è andare oggi controcorrente – ci ricorda infatti Papa Francesco –; quanti uomini retti preferiscono rimanere originali, pur di non rinnegare la voce della coscienza e della verità! E noi, non dobbiamo avere paura! A voi giovani dico: Non abbiate paura di andare controcorrente, quando ci vogliono rubare la speranza, quando ci propongono questi valori che sono avariati, valori come il pasto andato a male e quando un pasto è andato a male, ci fa male; questi valori ci fanno male. Dobbiamo andare controcorrente! E voi giovani siate i primi: Avanti, siate coraggiosi e siate fieri di farlo!».
Essere giovani allora ed essere soggetti a chi, per i propri interessi o convenienze, può pensare di manipolarci come marionette; diventare adulti e pur avendo incontrato Cristo non volerlo testimoniare preferendo restare anonimi spettatori in un tempo che vuole tutto diventi omologazione.
Nel corso dell’incontro il vice direttore di Avvenire Gianfranco Marcelli ha voluto rendere partecipi i
presenti del suo percorso di fede, testimoniando l’incontro sconvolgente con Cristo che ha invaso la sua vita fino a farlo diventare uomo nuovo. È necessario – ricordava Marcelli – che il cristiano riesca a difendersi dagli attacchi indiscriminati che da più parti si levano contro la “persona”; reagisca a quella strategia sottesa, ma ben presente nella società odierna, che tende alla distruzione dell’uomo togliendogli la forza di vivere. Bisogna quindi alimentare quanto più possibile la fede che è baluardo di difesa interiore, rispondendo così alle vicissitudini del quotidiano. Il tutto attraverso una delle peculiarità per eccellenza del cristiano: l’umiltà, che è l’antidoto per superare ogni tipo di avversità, rendendo anzi le umiliazioni, le mortificazioni il mezzo per fortificare il nostro essere.
Ecco la Buona Notizia: incontrare Cristo; testimoniandolo vivremo la giovinezza del cuore perché presi costantemente dall’Amore, protesi verso l’Amato.
La Giovane della porta
«Chi sono io per fare aspettare Dio fuori la mia porta, anche se questa è la porta del cuore? Ho capito oggi che devo farlo entrare, voglio che entri, che mi faccia compagnia; solo insieme a Lui posso superare ogni difficoltà e dare un senso alla mia vita. Sì, il mio egoismo non mi ha permesso di aprirgli il cuore, dando me stessa, ma ora non voglio più che Gesù aspetti fuori dalla porta del mio cuore a bussare».
Con queste parole suggerite ad un’amica una ragazza, tra le tante presenti, ha concluso il 19 gennaio scorso il terzo incontro dei giovani organizzato dalla Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime e avente come titolo La giovane della porta. Il brano del Vangelo di Giovanni (cap.18, 15-18) che ha fatto da guida alla giornata parla tra l’altro di una giovane portinaia che si occupava di badare alla porta del palazzo del sommo sacerdote Anna. Una ragazza ebrea, osservante della legge, che quel Giovedì Santo apre la porta ad un condannato speciale: Gesù di Nazaret. È probabile che questa giovane conosca Gesù, lo fa entrare nel cortile del palazzo dove avverrà il primo interrogatorio del suo processo – ha spiegato padre Michele Cordiano nella sua lectio – ma non farà di più… Non nello svolgere il suo ruolo di portinaia, non riuscirà piuttosto a compiere la cosa più importante, quello che tante persone avevano deciso incrociando il Signore: permettergli di farlo entrare dalla porta del proprio cuore, sconvolgendo con l’Amore la loro vita.
Alla diffidenza di una ebrea di duemila anni fa, è facile corrispondere l’incredulità dell’Uomo di oggi che pervaso da un disinteresse diffuso oppone una barriera tra la sua esistenza terrena e il Divino che con tenerezza, senza alcuna intrusione forzata, chiede amabilmente di poter entrare nella nostra vita. L’Uomo di oggi si sente onnipotente, capace con le proprie forze di dominare tutto e tutti; fin quando alla prima vera difficoltà della vita, non avendo "costruito la sua casa sulla roccia" (Mt. 7,21), sprofonda nel baratro della disperazione. Dio però ha pazienza, non si impone nell’esistenza umana; si propone piuttosto in punta di piedi come un povero, un mendicante; Lui che conosce le nostre angosce, le nostre debolezze e incertezze viene non a chiedere, ma a dare se stesso offrendo pace, sollievo, speranza.
Dio sa di cosa abbiamo bisogno, nonostante ciò bussa con grande rispetto e il suo invito è espresso di continuo, in ogni circostanza della vita anche con il supporto di altre persone che ci stanno a fianco. Quotidianamente, a tutte le ore, presenta la sua proposta d’amore. All’Uomo è richiesta una condizione fondamentale: la capacità d’ascolto. L’ascolto di quanto Dio vuole rivelarci si esplicita attraverso una fiducia incondizionata nella sua parola, nella speranza in Colui che solo vuole il nostro bene. Cosa possiamo fare se non testimoniare questo incontro?
I lavori pomeridiani hanno avuto inizio con la recita della coroncina alla Divina Misericordia e di seguito si è svolto l’intervento di alcuni volontari e maestranze dell’Operazione Mato Grosso, l’organizzazione alla quale sono stati affidati dalla Fondazione i lavori di costruzione degli arredi della Chiesa del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime. L’O.M.G. è un movimento che si propone l’educazione dei giovani attraverso il lavoro gratuito per i più poveri in alcuni paesi dell’America Latina. I giovani realizzano Lavori di Gruppo durante i giorni della settimana e, nei fine settimana, Campi di lavoro. Questi ultimi vedono i giovani impegnati in raccolte di carta, rottami e altri materiali da macero; o come operai in lavori agricoli, di costruzione, di pulizia di sentieri, di costruzione e gestione di rifugi di montagna.
I punti chiave dell’O.M.G. sono: 1. Lavorare anziché discutere; 2. Il gruppo è fondamentale perché lavorando insieme le persone maturano; 3. Rompere il guscio della famiglia, della parrocchia, della nazione: è essere missionari; 4. L’O.M.G. critica con i fatti e non con le parole; 5. Bisogna "pagare di persona", essere coerenti, farsi poveri; 6. Essere buoni; 7. Morire per gli altri sacrificandosi con amore.
"Fare la Carità è il nostro lavoro – sono le parole di P. Ugo De Censi fondatore dell’Operazione Mato Grosso –. Siamo travolti dalle richieste perché al bussare abbiamo aperto la porta, ci siamo commossi e non siamo più riusciti a chiuderla perché non abbiamo messo orario per quando si può bussare".
Il ragazzo dei pani e dei pesci
Il tema della condivisione, suggerito dal passo del vangelo di San Giovanni che richiama l’episodio della moltiplicazione dei pani, ha fatto da linea guida all’incontro dei giovani del 22 dicembre scorso. Condividere accostando le diverse umanità per una crescita comune deve divenire la via privilegiata per il cristiano che non si chiude nella propria individualità; anzi, attraverso un’adesione condivisa, rende partecipe dei doni ricevuti dal Signore chi gli sta accanto facendo fruttare i suoi talenti.
La salvezza per il cristiano è intimamente legata dunque oltre che al rapporto con Dio anche con i fratelli. "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" ci ricorda Matteo al capitolo 7; e proprio questo aspetto si traduce inevitabilmente nella capacità di darsi agli altri, condividendo quanto abbiamo e traducendo questi sforzi con gesti e atti di carità che ci dirigono, ci convogliano verso la Porta della Salvezza per eccellenza: Cristo Gesù.
Condividere, donarsi agli altri, elargire gesti di carità: quello che fece Maria nel recarsi presso Santa Elisabetta in attesa; Lei la prescelta, pur essendo già piena della missione che Dio Le aveva riversato, eppure così umile nel partecipare alla cugina la sua disponibilità, offre sostegno fisico e morale attraverso la carità del servizio nascosto e silenzioso.
All’incontro dei giovani, nella sessione pomeridiana, sono intervenuti Padre Salvatore Scorza fondatore delle Apostole e degli Apostoli della Vita Interiore insieme a Tiziana e Janel due appartenenti alla comunità istituita dal sacerdote di origine calabrese nei primi anni novanta. Parlando della congregazione Padre Salvatore ha ricordato che «la sua nascita è scaturita dal voler condividere con altri l’amore per la Verità. La mancanza di pratica religiosa – ha continuato il sacerdote – così comune nel nostro tempo, nasce soprattutto dall’ignoranza e dall’impossibilità di fare una vera esperienza di Dio. C’è bisogno, allora, di giovani consacrati e consacrate con un’intensa vita di preghiera e con una solida preparazione filosofica e teologica che “cerchino” i loro fratelli lì dove sono e li conducano a incontrare Dio attraverso un accompagnamento spirituale». È nell’esperienza pastorale negli Stati Uniti che padre Salvatore inizia a concretizzare l’idea di costituire una comunità; prima Susan poi Tiziana, pian piano altre scoprono la vocazione di servire il Signore. Iniziano le proposte di missioni in alcune parrocchie di Roma dove le Apostole studiano e vivono, nasce intanto un piccolo gruppo di coppie amiche che si riuniscono periodicamente per riflettere sulla Parola di Dio.
«Al centro della spiritualità delle Apostole e degli Apostoli della Vita Interiore è la figura di Cristo Sacerdote. Dio è Amore. L’amore per sua natura tende alla comunione; perciò Dio nella sua vita intima è comunità di Persone. Egli ama a tal punto la creatura, creata a sua immagine e somiglianza, da volerla riportare a sé per introdurla nella vita di Comunione delle tre Persone. La via per riportare l’uomo al Padre nella Comunione dello Spirito Santo è Cristo stesso attraverso il suo Sacerdozio. L’Apostola della Vita Interiore segue lo stile di vita di Gesù illustrato anche da S. Tommaso d’Aquino: “La vita attiva con la quale uno, predicando e insegnando, comunica agli altri le verità contemplate, è più perfetta della vita in cui si contempla soltanto, in quanto presuppone l’abbondanza della contemplazione. E così Cristo scelse questo genere di vita” (S. Th. p. III , q. 40, art 1). Gesù, come unico ed eterno sacerdote, mediatore tra Dio e l’uomo, è l’Apostolo per eccellenza. Il sacerdote, come continuatore della missione sacerdotale di Cristo e per assimilazione a Lui, è nella Chiesa apostolo per eccellenza. Il Sacerdozio ministeriale riguarda direttamente l’Apostolo della Vita Interiore ma non l’Apostola della Vita Interiore. L’Apostola prepara le persone perché possano essere soggetti sempre più disponibili al servizio ministeriale del sacerdote. L’Apostola intende perciò valorizzare il sacerdozio comune che scaturisce dal battesimo e viene potenziato dalla sua consacrazione personale attraverso la pratica dei consigli evangelici. L’Apostola privilegia l’impegno per la formazione interiore e vuole imitare Gesù, anche nella maniera concreta in cui Egli svolse il suo apostolato: annuncio del regno attraverso la parola, diffusa a livello dei gruppi e a livello personale».
“Il giovane ricco” è stata la tematica che ha animato il primo incontro dei giovani presso la Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime il 20 ottobre scorso.
Anche gli argomenti delle tappe successive avranno come oggetto principale i giovani del Vangelo, esattamente I sette giovani del Vangelo, per intraprendere insieme ai partecipanti un dialogo che, partendo dalle questioni che ruotano intorno al mondo della giovinezza, possa condurli a meditare sugli insegnamenti di Gesù. Ciò a riprova di come difronte alla Parola di Dio ciascun individuo, senza alcuna esclusione, sia esso giovane o adulto, può trovare risposte indubitabili rispetto al personale percorso di vita.
Ad inizio giornata i giovani si sono ritrovati nella cappella che custodisce l’effige del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime per affidare alla Vergine Maria i lavori del giorno; ha fatto da introduzione la lettura di uno stralcio di un discorso di Papa Francesco alla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro che sollecita i giovani a mettere Cristo al centro della loro vita: “Metti Cristo” nella tua vita. Lui ti attende: ascoltalo con attenzione e la sua presenza entusiasmerà il tuo cuore; “Metti Cristo”: Lui ti accoglie nel Sacramento del perdono, con la sua misericordia cura tutte le ferite del peccato. Non avere paura di chiedere il perdono a Dio perché Lui nel suo grande amore non si stanca mai di perdonarci, come un padre che ci ama. Dio è pura misericordia! “Metti Cristo”: Lui ti aspetta nell’Eucarestia, Sacramento della sua presenza, del suo sacrificio di amore…”.
Il secondo momento della mattinata si è svolto nella cappella sinistra della chiesa in costruzione – la cappella adibita alle confessioni e ormai quasi in fase di realizzazione finale – con la lettura del passo evangelico incentrato sul “giovane ricco” (Mc 10, 17-22) e la successiva lectio di Padre Michele Cordiano. Sono seguiti i lavori di gruppo, dove i giovani sono stati divisi per fasce d’età, con l’intento di condividere quanto ascoltato dal sacerdote, contestualizzandolo soprattutto nella propria esperienza di vita.
Nel pomeriggio, prima della Santa Messa, si è dato spazio alla testimonianza del giorno: quella di Pietro Maso, l’allora diciannovenne che nel 1991 si è reso protagonista di un grave fatto di sangue e che grazie all’intervento di un sacerdote, don Guido Todeschini, e di Mamma Natuzza è riuscito nel carcere ad arrivare alla conversione del cuore superando il suo passato, scoprendo così la vera Vita, da giovane morto e dannato qual era.